26 giugno 2014

Non so niente di te

Non so niente di tePaola Mastrocola, Non so niente di te (6/2014) ****

Fil, giovane ricercatore di economia, si presenta ad una conferenza in un college di Oxford accompagnato da un gregge di pecore. Tiene brillantemente la sua relazione con tanto di applausi entusiastici alla fine, riprende le sue pecore... e scompare. Il tempo che la notizia arrivi alle persone giuste e scatta la ricerca di parenti e amici: che fine ha fatto? che ci faceva a Oxford? perché le pecore?

Con questo punto di partenza, paradossale e onirico come piace alla Mastrocola, parte una ricerca che è esteriore e anche interiore (anche questo mi sembra una costante dell'autrice). I personaggi cercano di capire le azioni e i moventi di Fil, ma per fare questo devono anche capire se stessi.

La Mastrocola riesce a raccontare storie con spessore umano, mantenendo un tono scanzonato, sognatore, giocoso, che mi piace molto. Magari a volte un po' lunghetta. I messaggi sono tanti e immagino che ognuno coglierà secondo la propria sensibilità. Uno chiaro (e da consigliare alle persone con problemi in materia) è che i genitori non possono programmare la vita dei propri figli (ma che se non lo fanno loro ci pensa la società a inquadrarci per bene), l'altro è che la crisi economica inizia da dentro di noi: tentativo di dare un piccolo contributo di saggezza a una delle principali preoccupazioni del nostro tempo.

Lettura gradevole e di soddisfazione, che consiglio.

[edit]

(Credo indichino così nei forum le aggiunte successive)

Dopo aver scorso qualche recensione sento il bisogno di aggiungere due cose.

1. Vedo che ad alcuni è piaciuto molto e ad altri per niente. Credo sia perché mettendosi in situazioni paradossali alcuni reagiscono pensando "ma questo non è possibile!". Chiaro: non è possibile che io molli tutto e vada a fare il mio personale Into the Wild, ma forse non l'ho mai sognato? E non è accattivante esplorare certi sogni raccontandosi come sarebbe andata?

In fondo l'autrice ci mette in guardia contro i "sogni tardivi": anche da grandi è bene sognare, ma con la maturità di saper dire "bello, ma... no, grazie", quando non è più tempo.

Ad altri non è piaciuto perché manca di azione: l'azione qui è fatta solo di domande e di piccole e grandi scoperte su di sé e sugli altri. Azione azione... pochissima e marginale.

2. La trovata del narratore proiettato nel futuro è un po' debole. Almeno però è poco invadente. L'autrice ci avvisa all'inizio di aver immaginato un narratore del futuro che ci racconta una storia dei giorni nostri. Ma proprio in quell'avvertenza ci viene detto di non prenderla troppo sul serio... Insomma quando le fa comodo per dire "perché a quel tempo (cioè nel 2011) facevano così e cosà" ironizzando sulle abitudini dei giorni nostri, allora si ricorda del narratore dal futuro; per il resto scompare.

Così intanto ci regala delle paginette ben simpatiche di critica bonaria e sorridente al nostro mondo virtuale dove stiamo in contatto costante con tante persone senza conoscerle veramente, occupando tantissimo tempo in relazioni che non sono quasi nulla.

Insomma, poteva tranquillamente risparmiarselo, oppure fare lo sforzo di costruirlo meglio, ma il narratore futuro quantomeno aiuta a dire "Non prendetemi sul serio: guardate che non lo faccio nemmeno io!".

E visto che ho fatto aggiunte, aggiungo per chi l'ha letto: la spilla di Giulia con il principe ranocchio contiene un messaggio, no?


Nessun commento: