26 ottobre 2008

Un "ampio" discorso (3)

TERZO PASSO

Partendo dall'immagine delle tre scimmiette, notavo come la comunicazione viene ostacolata quando c'è di mezzo un difetto di espressione o di ricezione. Avrei voluto mettere qui un'immagine di tre cuori nella posizione delle tre scimmiette, ma ovviamente non l'ho trovata e se provassi a farla io verrebbe un disastro. Cercate di immaginarvela se volete.

Forse si capisce già dove voglio arrivare: nell'ampio canale di comunicazione che si apre in un dialogo tra due persone, una parte molto importante avviene sul piano emotivo. Ci sono comunicazioni dove la parte emotiva non è essenziale: se dico all'impiegato delle poste di affrancarmi una busta, o se rispondo alla domanda di un professore, in entrambe i casi non ha molta importanza se si vede o no il mio stato d'animo. Nervoso o allegro, triste o determinato, l'importante è che l'impiegato mi affranchi la busta e il prof riceva la risposta giusta. Ma quella non è comunicazione personale.

Non così con un amico. Possiamo parlare del tempo e intanto far capire quanto ci dispiace la prossima separazione. Posso raccontare di un episodio che mi è accaduto e non è necessario spiegare che mi ha fatto molto male o che ne parlo per sfogarmi. In dialoghi così, se c'è un difetto sul canale dell'empatia va molto male. Si perde una parte importante della ricchezza della comunicazione. Recentemente qualcuno mi faceva l'esempio di un quadro di Van Gogh riprodotto in bianco e nero: non è proprio la stessa cosa!

Non vedo, non sento
Non è raro trovare interlocutori che "non ci capiscono". Cercare sostegno e ricevere "soluzioni", voler condividere e trovare indifferenza. È come lo scherzo dei bambini che alla domanda "Sai che ore sono?" ti rispondono "Sì": divertente tra bambini, molto meno quando hai davvero bisogno di sapere l'ora. Vorrei avere di fronte una persona – e magari un amico o una persona amata – e invece ho di fronte un impiegato delle poste (con tutto il rispetto...).

Un malinteso sul piano emotivo è sempre possibile: è una dimensione implicita per sua natura, non sempre evidente; ci si può sbagliare. Ma se una persona è affettivamente poco recettiva – un cuore che vede e che sente poco – si crea una barriera molto maggiore di quanto notavo a proposito di chi ha difetti sensoriali: in questo caso è ancora più difficile razionalizzare e convincersi che non vuole rendersi antipatico, semplicemente "non ci sente".

Non parlo
Ma ancora peggio è quando il cuore è muto. Penso a quelle persone che non manifestano le proprie emozioni, alcuni perché le nascondono, altri perché le vivono poco. La sensazione è di avere a che fare con persone indecifrabili e distanti. Se li conosciamo poco ci sembrano falsi. Credo che questo sia il difetto peggiore, quello che più difficoltà provoca a chi ne soffre.

Alcuni sono stati educati ad un eccessivo pudore dei sentimenti e forse dovrebbero avere il coraggio di esercitarsi a manifestarli. Mi raccontavano di un professore universitario che durante una lezione aveva fatto un riferimento al suo maestro, ormai scomparso, e gli si era spezzata la voce mentre gli gli si inumidivano gli occhi. Al termine della lezione uno studente ebbe la sfacciataggine di esprimergli il suo disappunto per quella "debolezza". Il professore reagì stupito: "Debolezza la mia? Invece ne sono fiero e mi vergognerei della mia disumanità se non mi fosse successo!".

Continua.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mi sa che me li stampo e me li studio! Questi post sulla comunicazione!;-)
Faccio parte di quella categoria che per eccesso di "educazione", o di un a "mala educazione" famigliare, tende a minimizzare e a non avere slanci emotivi (un po' meno ultimamente, ma è colpa dell'età) Trovo più facile sorridere all'impiegato delle poste, che ai famigliari!;-)
E non ti dico altro, che qui siamo in pubblico, e "non è bello mettersi in mostra"! ;-)
Ciao, R