Primo dopoguerra. Come ogni anno un sedicenne trascorre le vacanze su un'isola vicino Napoli, ma quest'anno si sente diverso: non ha voglia di stare con i suoi coetanei, si impegna ad imparare il mestiere dei pescatori locali e, quando gli è consentito, segue il gruppo di un suo cugino più grande dove però, essendo lui più piccolo, si trova ignorato da tutti.
Una delle ragazze grandi, una straniera che ha perso i genitori durante la guerra, si accorge di lui perché in molte cose le ricorda suo padre e nasce uno strano e intensissimo rapporto a tre, tra lei, il ragazzo ed il ricordo del padre defunto. E il ragazzo si trova a crescere in fretta, assaporando quasi tutte insieme le esperienze del lavoro duro, dell'amore, della paternità e dell'ingiustizia.
La storia potrebbe sembrare banale, solo un po' strana, e a volte un po' sdolcinata. Ma da una parte c'è la sensibilità poetica di Erri De Luca che la arricchisce continuamente di splendide intuizioni sulla nostra umanità. E dall'altra c'è quel titolo...
Perché non posso fare a meno di pensare che "Tu, mio" è quello che Dio dice ad ogni anima, e nasce un rapporto che è nuovo eppure durava da tanto tempo, e ci si scambiano nomi segreti che solo gli interessati conoscono. E tra i due nasce un amore molto serio, e gli altri sembrano tutti troppo infantili e incapaci di capire, e i loro amori sono solo giochi d'estate. E cambia il rapporto con il padre, con il lavoro, con i coetanei...
«Io ho provato amore, amore largo, uno strappo sugli anni, ho provato le età che mi aspettano fino a un affetto e una tenerezza da adulto per una figlia piccola. Tu, tuo padre, avete dato un compito nel mondo a me, un ragazzo imbambolato, ammutolito di asprezze».
Erri De Luca, Tu, mio, Feltrinelli 2003, 116p.
Nessun commento:
Posta un commento