21 settembre 2008

Pudore, custode dell'intimità

UNA RIFLESSIONE stimolata dal capitolo VI del libro di Umberto Galimberti, L'ospite inquietante. Appunti e citazioni di questo capitolo li ho messi in Materiale Grezzo.

L'intimità personale è la sede della mia libertà più profonda. Nel mio intimo è dove sono veramente me stesso, libero (si spera) da condizionamenti e dalle maschere con cui mi presento all'esterno. Qui maturano i miei pensieri, i sentimenti, i desideri. E ancora, il mio intimo è il bene più veramente "mio" che posseggo, di cui posso decidere in piena libertà se condividerlo o no con altri e in che misura.

In un certo senso ogni relazione con gli altri è un attentato alla mia intimità. Gli altri mi vedono, mi osservano, mi giudicano... il loro sguardo sonda la mia intimità. Appaio stanco, preoccupato o sereno, disinvolto o impacciato, colto o ignorante, alla moda, allegro e così via. Non posso evitarlo: all'esterno trapela sempre qualcosa del mio intimo; ed è giusto che sia così. Di una persona che non lascia trapelare nulla di sé non abbiamo un giudizio favorevole: diciamo che è inespressivo, impassibile, poco comunicativo... e istintivamente ne prendiamo le distanze.

Questo perché non ci può essere vero rapporto personale senza comunicazione di intimità. Dove ciò non avviene, il rapporto rimane funzionale, non personale, anonimo nella migliore delle ipotesi, talvolta falso. L'elemento distintivo della persona è proprio il suo mondo interiore; se non ne metto in gioco almeno un po' sto tenendo la persona fuori dalla relazione.

Ma, attenzione: ciò che rende interessante la mia intimità è proprio il suo non essere disponibile; la dimensione di mistero. E qui entra in gioco il pudore. Ci concediamo, ci facciamo conoscere, ma con misura, che in questo ambito è sinonimo di pudore. Il pudore è quell'atteggiamento con cui difendiamo la nostra intimità dall'indiscrezione degli altri. E non è solo per "tenere alte le quotazioni" delle nostre relazioni, perché è in gioco la sopravvivenza stessa della nostra personalità.

Circola l'idea che sincero è chi non nasconde nulla. Ma questa è la definizione di "spudoratezza", non di sincerità. E a concedersi troppo – "spudoratamente" – ci si svuota. Lo spudorato abbatte le pareti che difendono il dentro dal fuori, direbbe Galimberti, e senza pareti il "dentro" non esiste più. Questo io svuotato porta, come immediata conseguenza, all'omologazione: non penso, non sento, non desidero più in modo autonomo, e quindi penso, sento e desidero ciò che viene generalmente pensato, sentito e desiderato nel mio ambiente.

Il pudore è via necessaria per custodire la propria intimità; e trascurare l'intimità significa condannare alla banalità la propria personalità e il rischio di diventare incapaci di essere liberi.

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