04 giugno 2008

Gentili e fermi

PICCOLO EPISODIO che mi hanno riferito, di ordinaria vita lavorativa.

Primo atto. Nonostante la giovane età, un mio amico è a capo di un ufficio di medie dimensioni ed è lui che distribuisce il lavoro tra i dipendenti. Un giorno, mentre si trova nel suo studio impegnato in una riunione, vede arrivare Andrea e Carlo, due nuovi collaboratori, per ora in prova. Chiede scusa agli altri della riunione e va sulla porta per dare indicazioni ai due.

"C'è da andare ad A per fare la tal cosa e a B per la talaltra. Quindi tu, Andrea, che sei più esperto, occupati di A che è più impegnativo; mentre Carlo va in B".
Andrea e Carlo iniziano ad obiettare: A è un lavoro interessante ed impegnativo, in due lo farebbero meglio e sarebbe una buona esperienza; in B non è nemmeno sicuro che ci sie niente da fare, è solo una seccatura, lo si potrebbe tranquillamente ignorare, eccetera.
Il capo fa notare che è in una riunione e non può mettersi a discutere e torna a pregarli di fare come indicato. I due protestano più animatamente, alzano la voce, insinuano che non gli vuole dare ragione solo perché non è mai disposto a cambiare idea, ma che si dovrebbe fare come dicono loro. Intanto tutte le persone della riunione e gran parte del resto dell'ufficio stanno ascoltando e dalle facce si vede che alcuni condividono le obiezioni dei due giovani.
Il capo alza la voce e taglia corto; i due sono costretti ad andare.

Secondo atto. Al ritorno, nel primo pomeriggio, Andrea e Carlo vengono convocati dal capo. Li fa accomodare, offre loro un caffè, e spiega che le obiezioni del mattino erano sensate rispetto ai dati che loro avevano. Ma poi aggiunge le altre informazioni che non potevano avere e che motivavano la sua scelta. Loro sono d'accordo, anche perché alcune cose le avevano già capite durante lo svolgimento dei rispettivi incarichi. Scuse di tutti, ci dispiace di aver alzato la voce, siamo una squadra, dobbiamo dialogare e fidarci gli uni degli altri ecc. ecc.
Anche il capo esprime il dispiacere di non aver potuto giustificare meglio le sue direttive, ma non sempre c'è il tempo per le spiegazioni e allora dovete fidarvi un po' del vostro capo ecc. ecc.

Epilogo. Incidente chiuso. Finiscono di bere il caffè, si scambiano qualche battuta. Volti distesi, sorrisi...
Nell'accompagnarli alla porta, il capo aggiunge, come un ultimo pensiero:
"Allora, ragazzi, scuse accettate. Immagino che non succederà mai più un malinteso così, soprattutto non in pubblico... perché se lo fate un'altra volta sareste licenziati all'istante".

Mi piace l'episodio, perché noi spesso chiediamo comprensione e gentilezza, ma sembra che confondiamo queste due virtù con l'arrendevolezza (vedi, madre incapace di punire il figlio, cittadino incapace di rivendicare i suoi diritti ecc.).

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