09 dicembre 2009

I nostri arazzi

CERCAVO UN QUADRO di W. Holman Hunt (no, non sono un esperto di arte, semplicemente lo avevo trovato citato), si intitola Cristo, luce del mondo ed ha una simbologia interessante (lo puoi vedere qui), ma mi sono imbattuto in quest'altro che ho riportato (vi consiglio di cliccarlo per vederlo più grande). Bello, suggestivo... ma non avevo la minima idea di cosa rappresentasse.

Mi piaceva proprio e così ho cercato un po'. Prima il titolo: The Lady of Shalott. Mai sentito. Con l'aiuto di Wikipedia scopro la storia: se volete, l'articolo è questo, e direi che merita una visita. Si tratta di un poema di Tennyson

In poche parole, una dama bellissima e con un grande talento per gli arazzi è condannata a vivere reclusa in una torre e a guardare il mondo attraverso uno specchio, perché se avesse guardato direttamente dalla finestra sarebbe morta. Si consola rappresentando nei suoi arazzi il mondo che vede nello specchio. Ma un giorno vi vede apparire Lancillotto e, abbagliata dalla sua bellezza, decide che vale la pena dare la vita per vederlo ancora una volta e si affaccia alla finestra.

Gli artisti dell'epoca (fine Ottocento) rimasero tutti ammaliati da questo mito, perché intuivano che li riguardava: sono loro la dama di Shalott, costretti dalla loro arte a trascorrere la vita rappresentando il mondo, senza mai viverlo veramente. Per questo ci sono molte opere dedicate alla dama, e spesso, come in questa, la rappresentano trattenuta dai fili del suo arazzo, che le impediscono di andare alla finestra.

Sarò complicato, ma mi è venuta in mente questa simbologia: il mondo esterno è Dio, lo specchio è quello che mi hanno detto su di lui, l'arazzo è l'idea che io mi sono fatto a partire da quello che mi hanno detto. Continuamente nella vita dobbiamo smettere di gingillarci con i nostri arazzi, e trovare il coraggio di cercare Dio direttamente, al di là della protezione che ci può venire dalla mediazione dello specchio degli "esperti" e dei "sapienti". E a volte, quando ci proviamo, scopriamo che è difficile rinunciare alle nostre rappresentazioni – un Dio severo, un Dio lontano, un Dio caramellato... – e restiamo impigliati nelle trame del nostro arazzo.

1 commento:

Fiordicactus ha detto...

AUguri, anche se con un po' di ritardo, ma con tanta simpatia!

Ciao, R