19 settembre 2010

Induismo

UNO DEI MIEI desideri, andando in India, era quello di farmi una bella chiacchierata "religiosa" con qualche indù competente. Con il passare dei giorni si affievolivano le mie speranze: tutte le nostre attività si svolgevano in ambienti a prevalenza cattolica e non potevo certo fermare uno in mezzo alla strada e chiedere spiegazioni.

Proprio uno degli ultimi giorni sono stato però invitato a cena da una famiglia di remoti conoscenti. Appena salito sulla loro auto la mia condizione di sacerdote ha portato subito la loro conversazione sul tema che mi interessava. Ho chiesto permesso e ho sparato le domande.

La mia principale curiosità era (e un po' rimane) di capire come vive il rapporto con il divino un politeista cui per di più viene insegnato che tutto, dei compresi, è solo apparenza. Non ho osato fare la domanda più diretta: "Cosa sono gli dei per te? Credi che esistono?" Mi chiedo, credono che esiste un dio con il corpo di bambino e la testa di elefante? O pensano che quella sia solo una rappresentazione di qualcosa di più misterioso; o ancora che sia un modo di parlare di una realtà che è inesprimibile?

Ve la faccio breve. Non ho dovuto fare altre domande: lanciato il tema, i miei due interlocutori – lui indù tradizionale, lei musulmana che però segue un guru indù – hanno parlato loro tutto il tempo. Quello che ho capito è che (soprattutto lui):
* non si fa troppe domande "teologiche" e cerca di dire le preghiere che gli hanno insegnato da piccolo (per la cronaca la prima invocazione spetta "di diritto" a Ganesh, in un certo senso in riparazione per la sua testa di elefante, ma è una storia lunga);
* crede che la fede sia importante per l'orientamento, soprattutto morale, che dà alla vita;
* non sopporta i sacerdoti (i suoi) che sono interessati solo ai soldi, trascurano la carità, l'educazione dei giovani, il sostegno umano;
* a tutti chiede autenticità, come ad esempio al guru di sua moglie, uno famoso, che lui conosceva già quando non era nessuno, e ha verificato con piacere che, ora che è ricco, si dedica molto alle opere di bene;
* ognuno dovrebbe essere libero di seguire la sua religione (ed eventualmente di cambiarla, tema delicato in India) e rispettare quelle degli altri.

Mi ha fatto riflettere: prima di tutto per la sua filippica sui sacerdoti esattamente uguale a quelle che sentiamo a casa nostra; poi perché è evidente che il senso religioso ha qualcosa di profondamente comune a tutti gli uomini e non riguarda tanto la "teologia", quanto piuttosto le questioni della vita. Giusto oggi leggevo il messaggio del Papa per la prossima GMG in cui ancora una volta ricorda che «la fede cristiana non è solo credere a delle verità, ma è anzitutto una relazione personale con Gesù Cristo».

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