04 settembre 2011

Pensando al cielo (3-fine)

CHIEDO SCUSA per il prolungato silenzio e tento di concludere il discorso (iniziato qui e continuato qui). Devo ammettere che il ritardo non è dovuto soltanto ad altre occupazioni: è che dopo i riferimenti a Lewis il discorso si fece interessante ma anche difficile da riferire. Io ci provo...

Allora, noi arriviamo in cielo e finalmente contempliamo Dio, immenso, bellissimo, inesauribile... Soprattutto scopriamo che tutta la nostra vita (eventuale purgatorio compreso) è stata una preparazione che ci ha resi "specialisti" della contemplazione perché, come avevamo già detto, ci saranno aspetti di Dio che solo tu saprai contemplare. Capirai di esistere proprio per contemplare quelle speciali perfezioni verso le quali eri e sei sensibile in modo unico; quelle che ti hanno sempre fatto esultare, colmandoti di gioia, e proprio per questo le hai cercate tutta la vita.

Questo getta una luce tutta particolare su chi sei tu: in quel momento scopri la tua vera essenza, chi sei veramente. Perché tu sei contemplatore di Dio, da quando sei nato. E non uno qualsiasi, ma proprio questo contemplatore unico, diverso da tutti gli altri. Temo che qui bisognerebbe inventarsi le parole: una variante della parola "contemplare" diversa per ogni uomo. Come dire che san Francesco non è semplicemente un contemplatore di Dio, ma IL contemplatore della gioia di Dio, santa Faustina è LA contemplatrice della misericordia di Dio, l'arcangelo san Michele è colui che contempla la grandezza di Dio, e così via. Quello che dico è inevitabilmente inesatto perché non so che cosa esattamente contempla un particolare santo del Cielo, e non potrò mai saperlo del tutto, perché il suo rapporto con Dio è speciale ed unico.

In questa prospettiva troviamo qualche risposta alle due domande. La prima circa il nome nuovo: la mia relazione con Dio è la parte principale del mio "nome nuovo". Io sono quello che sono davanti a Dio, anzi, io sono quello che sono con Dio. Recentemente una persona mi diceva: "Non è esatto dire che Dio sta nella profondità del mio cuore: Dio è la profondità del mio cuore". Quella contemplazione di cui parlavo sopra comporterà anche una conoscenza di noi stessi, non semplicemente riflessi in Dio, ma amati da Dio, legati a Dio, ubriachi di Dio...

La seconda domanda era quanto profonda potrà essere in cielo la conoscenza che gli altri avranno di me; quanto potrò e saprò farmi conoscere. Sicuramente molto profonda per la trasparenza e la capacità di donarsi propria di ogni essere spirituale; ma completa mai. Siamo così legati a Dio che una conoscenza piena di noi stessi sarebbe possibile solo conoscendo perfettamente Lui.

Questa è stata la conclusione della chiacchierata con il mio amico: non solo in cielo contempleremo Dio scoprendo sempre nuove meraviglie e senza mai esaurirne i misteri, ma di conseguenza scopriremo cose sempre nuove anche riguardo a noi stessi, e gioiremo nel condividere con gli altri le nostre scoperte e nell'arricchire in perfetta amicizia la nostra reciproca conoscenza.

L'immagine è frutto di un mio momento di pazzia. Il cielo è di Aaron Aquilina, la cancellata dorata è quella della Reggia di Versailles.

1 commento:

Pietra di Luce ha detto...

Grazie! Aspettavo questa conclusione :)
E' bello pensare che Dio sa unire nella diversità in maniera così meravigliosa!
E' davvero un bel blog!
Elena