STAVO USCENDO DI CASA, la testa occupata da molte cose e niente in particolare, quando mi è tornato in mente quel professore inglese studioso di lingue africane. Lo avevo incontrato proprio lì, all'ingresso del condominio, non molto tempo fa.
Sono rimasto affascinato da una vicenda che aveva solo iniziato a raccontarmi. Riguardava una consulenza che gli avevano chiesto su una lingua rara, che non conosceva. Aveva accettato di trasferirsi per un certo tempo nella località africana dove si parla quella lingua, per studiarla abbastanza da poter fornire le risposte che gli venivano chieste. Lì una missionaria gli aveva presentato una ragazzina molto sveglia, la migliore alunna mai avuta, nativa della lingua in questione e con una decente padronanza dell'inglese. Risultò di grande aiuto, molto portata per quel lavoro e una piacevole compagnia.
Nessuna storia romantica: lui un maturo e serio studioso, lei più o meno dell'età dei suoi nipoti. Al termine della permanenza, però, si percepiva una specie di rammarico, il presentimento in lei di ambizioni grandi, forse istintivamente represso per risparmiarsi inutili delusioni. Il professore volle essere realista e la lasciò con due consigli e una promessa: che si esercitasse a parlare inglese con accento inglese, magari facendosi aiutare da quella missionaria di chiara provenienza britannica; che si dedicasse a studiare le lingue locali, compilando quaderni di vocaboli e continuando il tipo di lavoro che avevano realizzato in quelle settimane. La promessa era che lui le avrebbe mandato quaderni, penne, libri e consigli.
Mi dispiace dover dire che la storia finisce qui. Non ci siamo nemmeno salutati: un condomino mi ha distratto e un attimo dopo l'interessante personaggio non c'era più. Rimane il ricordo di quel breve percorso fatto insieme, non più di due o trecento metri, e la speranza di incontrarlo di nuovo per farmi raccontare il seguito.
Speranza, questo sì, tutt'altro che infondata perché, vedete, il professore e la sua storia li ho inventati! O meglio li ha inventati qualche angolo del mio cervello, perché per me è stato a tutti gli effetti come un vero incontro. Per esempio, non ho incontrato la ragazzina: ho incontrato il professore che mi ha raccontato della ragazzina. Una qualche associazione di idee, forse un richiamo al film The Interpreter, prima si è presentato lui, poi è venuta la storia della ragazzina. Poi ho pensato ad altro... ricordo il luogo esatto dove mi trovavo quando è terminata la "visita". Quello che non so è dove cercare per rinnovare l'incontro.
Nell'immagine, Romolo Valli in Sei personaggi in cerca d'autore del 1965.
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