27 novembre 2007

A ciascuno la sua storia

Anni fa uscì un film, si intitolava Smoke e forse era sponsorizzato da qualche industria del tabacco, che mostrava tante piccole storie che si intrecciavano intorno ad un negozio di tabacchi. Voleva dire che la vita è fatta di tanti piccolissimi eventi, trascurabili se presi singolarmente, ma che alla fine sono la nostra vita, quindi non del tutto trascurabili. "Come una sigaretta", potrebbe dire un fumatore. Questa idea veniva presentata all'inizio del film con la domanda: "Si può pesare il fumo di una sigaretta?" (La risposta è geniale, quindi non ve la dico!)
Mi tornava in mente questo film perché alla fine delle numerose piccole storie, uno dei protagonisti – uno scrittore che da tempo non riusciva più a scrivere – annuncia ai suoi amici che una rivista gli ha chiesto di scrivere una storia di Natale, e lui non sa che cosa dire. È curioso perché, dopo aver seguito tante storie, lo spettatore risponderebbe: "Che stupido! Ma se hai l'imbarazzo della scelta!", e invece nel film sono "costretti" ad inventarsene una; a conferma della tesi che la vita è fatta di tante storie, così piccole che uno rischia di non accorgersene.

Già, ma tutto questo non spiega perché mi tornava in mente Smoke. La "provocazione", ancora una volta, mi è venuta dal blog di Monasterio. In un post recente immagina degli amici che si rivedono dopo tanti anni e ognuno ha la sua storia da raccontare; ma quello che nel frattempo è diventato sacerdote ne ha moltissime più di tutti, perché ha vissuto come sue le innumerevoli storie delle tante persone che ha seguito in quegli anni. Bello, no? Ancora una volta i commenti dei lettori sono entusiasti e commossi.

Beh, devo dire che io sono rimasto incerto. Primo, perché la storia è un po' troppo "esplicita": il sacerdote timido, che parla per ultimo, che dice la sua nel modo più paradossale possibile... bello, sì, ma... non so, sarà perché mi sento coinvolto, ma non mi soddisfa. Farsi carico degli altri non significa vivere la loro vita; è bellissimo, appassionante, faticoso... ma è diverso. E poi – forse per questo mi sono ricordato di Smoke – raramente uno è consapevole di tutte le "storie" che sta vivendo. Se qualcuno gli chiedesse "dai, raccontaci una storia delle tante che hai visto", forse, come lo scrittore del film, non saprebbe che pesci prendere.

Il sacerdote di Monasterio conclude dicendo "La mia biografia è irrilevante", cosa che ha suscitato qualche commento in disaccordo ("Sono sicuro che non è così", "Anche lui avrà avuto le sue avventure personali" ecc.). Penso che la parola sia esatta: irrilevante, non inesistente. Il sacerdote ha la sua storia ed è grandemente arricchita dalle molte e ricche relazioni con tante persone.
Che ve ne pare?

3 commenti:

Enrique Monasterio ha detto...

Con el paso de los años, querido Mario, el cura se va implicando poco a poco en las vidas de los otros. Comprende que su biografía es irrelevante, como es irrelevante el color o el aspecto del pincel que pintó la Gioconda. Lo que vale es la obra de arte, el cuadro, que nace como un milagro gracias a la mano del genio que está detrás. El pincel sólo debe dejarse manejar por la mano de Leonardo.
Mi dispiace, no me siento capaz de ponerlo en italiano.
Entonces sí, si es dócil, hará maravillas. Y se sentirá orgulloso de haber pintado tanta belleza.
Un cura viejo se gloría siempre en el fruto que Dios consigue en los demás, en los cientos de vidas que han pasado por sus manos. Esas vidas son su verdadera vida. Así lo veo yo, y seguro que estás de acuerdo..., aunque seas aún muy joven.
¿Te suena aquello de "ocultarme y desaparecer es lo mío: que sólo Jesús se luzca?"

Enrique Monasterio ha detto...

¡Feliz año mariano!

Don Mario ha detto...

¡Uau! Un comentario de don Enrique... ¡en mi blog!
A parte las bromas (ay, no, en este blog hay que escribir en italiano)... sono totalmente d'accordo con lei, don Enrique. Sono bastati pochi anni a Milano per notare, al momento di partire, che lì rimaneva un pezzo della mia vita (e molti pezzi del mio cuore ecc. ecc.). La mia reazione va più contro l'atteggiamento di don Juanito, che si vanta di aver vissuto più cose degli altri. Non so, ma non mi ha convinto il tono.

Il pennello nelle mani dell'artista si rallegra un montón al vedere le cose bellissime che il maestro gli sta facendo dipingere e sicuramente pensa che il quadro uscito da lui è molto più importante della sua stessa esistenza. Ma se si fermasse a guardare il quadro direbbe "Che bel quadro!", o tutt'al più "Come sono fortunato!" (anzi, credo che sia il pensiero più frequente). Difficilmente gli verrà da dire "Questo l'ho fatto io!" e solo in un estremo slancio di estasi poetica potrebbe dire "Questo sono io!", anche se in un certo senso sarebbe vero: davanti al capolavoro io scompaio – "irrilevante" – e... non desidero di meglio!

Buon anno mariano anche a lei e saluti dal Tiburtino.