27 luglio 2008

La cosa più bella

DA TEMPO non davo un'occhiata ai miei blog preferiti (don Enrique li chiama "los blogs de mi barrio" che si potrebbe tradurre "i miei vicini di blog") ed ho trovato un testo riportato da Historias del Metro che, anche se un po' lunghetto, merita una traduzione almeno parziale. (E d'ora in poi, a chi mi chiede cos'è il mal d'Africa...)


LA COSA PIÙ BELLA che abbia mai visto non è stato un gol, né una montagna innevata, né l'estate, né una goccia di pioggia appesa ad un fiore, né degli occhi, né una lucciola, né il sole, né una parola sulla sabbia che il mare cancella, né una guancia, né un sogno, né l'ultima luce del giorno: la cosa più bella che abbia mai visto fino ad oggi erano mille ettari di nulla, di povertà, che abbracciavano un bambino al calare della notte. Da solo, al bordo della strada, sotto un albero, in un luogo sconosciuto dalle mappe, dove l'unico rumore era quello dell'automobile che si allontanava. Guardai nello specchietto, era scalzo.

La cosa più bella che abbia mai visto è stata l'Africa e, anche se ne ho conosciuto il dolore e la miseria, non posso immaginarmi di vedere nulla di meglio nella mia vita. Forse vedrò altre cose così, ma non migliori, perché poche cose emozionano così tanto. (...)

"Ferma qui che questo è l'albero di Fransses". Elena riconosceva dove far scendere ogni bambino grazie ad un albero o a una curva della strada. E Fransses, quel bambino che aveva giocato con me poche ore prima, che avevo fotografato con le guanciotte piene di riso, che mi era venuto vicino e mi si era messo in braccio mentre scrivevo sul mio cuaderno, quel bambino che i primi giorni non parlava e balbettava soltanto con la bava che gli colava dalla bocca, quel bambino scese dall'auto e si fermò vicino al suo albero. Ingranai la prima e tornai a guardare nello specchietto. C'erano molte buche e tutto si muoveva, tranne una cosa: il bambino non si muoveva, il bambino non si muoveva, il bambino non si muoveva. Facevamo i saliscendi nelle grandi buche della strada, ma il bambino non si muoveva. Restava lì, come in attesa. Non scomparve finché i capricci della strada non ci imposero una curva: dovetti girare e lo persi dallo specchietto. Avrei voluto continuare dritto perché non scomparisse.

La cosa più bella che avessi mai visto non si muoveva. (...)

La cosa più bella che si possa vedere è sentire ciò che si vede, quello che c'è sotto. Vorrei che anche i ciechi vedessero quello che dico. Per me il ricordo di quel bambino tranquillo è come la luce: non lo vedo più, è sfuggito ai miei occhi come l'acqua tra le dita, però mi fa vedere tutto il resto. E tutto il resto è la piccolezza e la grandezza della vita.

La cosa più bella che abbia mai fatto è stato distribuire bambini in Africa, perché provavo quel misto di pianto e di riso che ti danno i momenti veramente indimenticabili. (...)

Voglio che tutte le persone che conosco vedano la cosa più bella che abbia mai visto, che non è qualcosa di visibile, ma una cosa che si sente. Bisogna guardare sempre nello specchietto, guardare alle nostre spalle. Lì, i bambini dietro di noi, sporchi, poveri e scalzi, ci aspettano tranquilli.

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