20 ottobre 2008

Un "ampio" discorso (1)

LE FAMOSE tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo. In questi giorni di assenza forzata dalla rete mi è venuta più volte in mente la riflessione che vi propongo. Articolerò il discorso in alcuni passi, provate a seguirmi.

PRIMO PASSO

Non sento. Pensate ad una persona che ci sente poco. Immagino che tutti ne conoscano più di uno. È un difetto che crea una barriera verso gli altri. Non solo perché l'interessato fa fatica a seguire una conversazione e a cogliere tutto quello che succede intorno a lui, ma anche perché chi si cimenta a parlargli direttamente percepisce tutto il disagio di un dialogo pieno di malintesi. Chi ci sente male appare stordito e un antipatico e bisogna conoscerlo bene per non dimenticare che il problema è un altro.

Non parlo. Pensate allora ad una persona che ha difficoltà di parola. Questa è magari un'esperienza meno frequente. Ricordo con tenerezza il povero Nicol che negli ultimi tempi della sua sclerosi parlava con la bocca impastata. E lì si ribaltavano i ruoli: eri tu che un po' ti vergognavi di dire che non capivi e un po' pensavi di capire e invece stavi fraintendendo. Ora mi capita con frequenza con ragazzi che in famiglia e alle elementari non hanno imparato che l’interlocutore di solito non legge nel pensiero e se lo si interpella con mezze frasi biascicate senza quasi aprire la bocca (abilità speciale dei romani!) magari potrebbe non capire. (Un ricordo va alla cara auntie Sue che ci costringeva a pronunciare correttamente l'inglese tenendo una matita in bocca: dopo, senza matita, veniva una meraviglia).
Una persona che non si fa capire, se impedita può avere la nostra compassione, se non lo è pensiamo che ci disprezzi; in ogni caso il rapporto ne soffre.

Non vedo. Quando parliamo al telefono la comunicazione è solo verbale: non vedo l’interlocutore e lui non vede me. Niente espressioni, occhiate, pallori, rossori ecc. Silenzio dall’altro capo: come lo devo interpretare? Rabbia repressa? Dolore profondo? Si è addormentato? È una comunicazione impoverita, anche se ci siamo abituati, e ancora più carente è quella solo scritta delle chat o delle mail.

Le tre scimmiette sono simbolo di discrezione, ma come sarebbe difficile farsi una chiacchierata con loro!

Ogni dialogo è comunicazione ricca: ci sono le parole, così importanti (e le parolacce mi indispongono più per la banalità che per la volgarità, peraltro sgradevole), il tono di voce, i gesti, gli sguardi, le espressioni facciali. Gli informatici direbbero che è a banda larga, cioè una comunicazione che fluisce in un canale bello ampio. Quando manca uno dei fattori si fa fatica: volendo ci si riesce, come il personaggio di Stephen King costretto a dattiloscrivere con una macchina cui mancano due lettere, ma ci si perde.

Mi fermo qui. Appena posso continuerò con il “secondo passo”. Il “Diario degli Angeli” purtroppo è sospeso finché non riuscirò a riprendere le letture sull’argomento.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Di discrezione? Io le ho sempre ritenute un simbolo di stoltezza. Ne avvamo tre in avorio, piccole, e quando uno dei bambini le ha mandate in pezzi, non mi sono dispiaciuto.