08 febbraio 2009

Ma come fanno? (2)

DICEVO CHE AD HARARE i settlements hanno un'altra origine. Quando l'attuale dittatore vide che l'opposizione si stava sviluppando, si accorse anche che l'ambito in cui attecchiva era principalmente quello dei ceti urbani inferiori, cioè la gente delle township. Così si inventò una "campagna contro la criminalità" che consistette semplicemente nel radere al suolo alcune delle principali township della città, producendo da un giorno all'altro qualche centinaio di migliaia di senzatetto. Uno dei principali "nuovi" insediamenti era proprio lì, a due passi dalla township di Mabwuko. In questo caso niente espropri e niente indennizzi: mi spiegavano che il proprietario del terreno è un buon cristiano e si limita a lasciar correre (ho visto anche un pozzo, non so se c'era già o se lo ha fornito lui).

Ma torniamo a Mabwuko, township con case in mattoni (cioè per lo più in mattoni) e strada principale in asfalto. Ma anche su questo devo aprire una parentesi. In Africa esistono quattro tipi di strade: la strada in asfalto che noi diremmo normale, larga almeno abbastanza da far passare due auto; poi c'è la strada in asfalto "stretta" (mi dispiace molto non ricordare più la terminologia, magari mi aiuterà la sorellina), larga abbastanza per una sola auto, ma con due ampi margini di terra, in modo che quando ci si incrocia ogni auto rimane con due ruote sull'asfalto e due sulla terra battuta. Il terzo tipo mi pare si chiamasse "strip" e consiste nell'equivalente asfaltato dei binari: solo due strisce parallele di asfalto e il resto è terra battuta. Come per l'altra, si cammina cercando di tenere le ruote sull'asfalto e quando si incrocia qualcun altro ognuno usa una sola striscia e cammina metà sulla striscia e metà sulla terra. Poi viene la strada in terra battuta, ancora niente male se ben mantenuta, ma si rovina molto in fretta.

La strada principale di Mabwuko è del tipo stretto, e come tutte le strade di Harare l'asfalto è costellato di buchi, per lo più profondi. Stavamo tornando a casa quando troviamo la strada sbarrata da grossi rami buttati in terra; uno sbarramento che costringeva a fare un po' di slalom per attraversarlo. Fr. Richard mi spiega subito che si tratta di "lavoratori volontari": aggiustano di loro iniziativa la strada e chiedono un contributo alle auto che passano. Dico a Richard che mi sembra più una richiesta di elemosina che lavoro volontario, perché lì dei cinque o sei uomini che potevo vedere nessuno stava lavorando. Richard si intrattiene amabilmente con quello che lo ha fermato (ho già spiegato i saluti? mi rivedo i post precedenti perché se non l'ho fatto, merita) per chiedergli soldi, poi riparte dicendomi che davvero riparano la strada. Sarà ma io non vedo né attrezzi, né mucchi di terra, né alcun buco riparato, e resto dell'idea che Richard è un buono. E anche altri sono buoni, e così loro tirano a campare.

1 commento:

Anonimo ha detto...

La vita così è una fatica quotidiana che noi, qui, non possiamo neanche immaginare di sostenere. Saremmo spacciati dopo un giorno. Ma ci lamentiamo di ogni piccolo inconveniente, fosse pure il parcheggio che non si trova o il rubinetto che perde...
Grazie per questi bellissimi post don Mario,
Cri