26 settembre 2010

La pigrizia di Nina

DA TEMPO non vi propongo articoli di Enrique Monasterio. Rimedio con questo.

— Sono nini...
— Nina?
— No, non Nina: nini. Non è il mio nome, non sa che vuol dire "nini"?
— Francamente no.

(Spiega che "nini" è un termine introdotto dalla tv spagnola per indicare ragazzi disadattati che non studiano e non lavorano, vivendo di espedienti)

Nina – chiamiamola così – non è nini. È una normalissima pigrona che inizia il nuovo anno di scuola con tre sani propositi: ridere più che può con la sua "migliore amica", trovarsi al più presto qualcosa di simile ad un fidanzato, e non studiare niente...

— Proprio niente?
— È che non mi va!, dice agitando le braccia come chi ha già chiuso l'argomento.
— E ti va di alzarti la mattina?
— A volte sì, se ho buone prospettive...

Nina è incantevole, veramente. Ai suoi diciassette anni fa tenerezza come un gatto d'angora o come un peluche.

— E come vorresti essere tra vent'anni?
— Ricca, bella e alla moda... cioè come adesso! Ah, ah, ah!
— Tu non sei nini, le dico. I veri nini non hanno soldi tranne l'eventuale sussidio di disoccupazione o quello che riescono a rubacchiare. Tutt'al più sei una "nini di papà", una furbetta immatura con il complesso di Peter Pan. Il guaio è che hai 17 anni e stai per uscire dall'adolescenza. Ancora poco tempo e farai pena.

La povera Nina diventa seria, fa per andarsene, poi prende un fazzoletto di carta dal mio tavolo, fa un mezzo sorriso, ritorna seria, si soffia il naso. Di colpo si alza.

— Ti odio! Non tornerò mai più.

Mezz'ora dopo mi incrocia "per caso" in giardino.

— Pensi davvero che faccio la furba?

Ci sediamo su una panchina, mi chiede scusa per essersene andata così, io le chiedo scusa per essere stato troppo diretto. Le parlo del senso della vita e della libertà. Le propongo di approfittare di questa crisi per dare in beneficenza il 20 per cento della sua paghetta... Vedo che risponde bene e le propongo di dare anche una mano in qualche attività di volontariato.

— Vedi?, mi dice, Questo sì che mi va. Queste cose degli anziani e dei bambini mi tirano un sacco.
— Guarda che non basta andarci una volta. Saresti capace di dedicarci qualche ora tutte le settimane?

Mi risponde che lei ha una grande forza di volontà: va in palestra il venerdì e si ammazza sulle macchine.

Poi arriva Miglioramica (lei la chiama così) e io rimango a pensare se valga la pena scrivere questa storia di cui solo Dio conosce l'epilogo. Inoltre formulo un paio di propositi. Il primo è di conoscere i suoi genitori, magari questo mi aiuterà a capirla di più.

Il secondo? Chimerò "Nini" il suo angelo custode, così magari lui si arrabbia e si decide a mettere un po' alle strette la fanciulla.

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