05 giugno 2011

Un re che piange

SONO ARRIVATO a film già iniziato. Si trattava dello splendido Il discorso del re (Tom Hooper, 2010), la storia del padre dell'attuale regina Elisabetta. Non avrebbe mai immaginato di diventare re Giorgio VI: aveva un fratello maggiore bello, spigliato e amato dalla gente, mentre lui era timido, schivo e, cosa gravissima per un re all'inizio dell'era della radio, balbuziente. Ma suo fratello, Edoardo VIII, per una scandalosa vicenda sentimentale abdica a meno di un anno dalla morte del padre e senza nemmeno ricevere l'incoronazione. Nessuno pensava, nemmeno lui, che fosse in grado di fare il re, invece guidò l'Inghilterra nei difficili anni della seconda guerra mondiale e probabilmente salvò la monarchia inglese, che non sarebbe sopravvissuta a una seconda delusione "istituzionale".

Dicevo che sono arrivato a film iniziato, e il povero "Be-be-bertie" (si chiamava Albert prima di diventare re), da poco divenuto "King George", si sfoga con sua moglie: «Io sono un ufficiale di marina, non sono capace di fare il re», e scoppia a piangere. La moglie lo consola confidandogli che neanche lei avrebbe mai voluto fare la moglie del re, e che proprio per timore che potesse succedere aveva inizialmente declinato le sue proposte di matrimonio. Per questo amava tanto il suo maritino deliziosamente impacciato e balbuziente, che non rischiava di diventare re.

Non so voi, ma la vista di un re che piange, e piange proprio a causa del suo compito, mi allarga il cuore. Perché tutti siamo più o meno spaventati del compito di vivere la nostra vita e guardiamo con invidia quelli che invece sembrano sicuri di sé... Quanto ci consola ricordare che anche quelli hanno le loro paure e piangono, magari di nascosto. D'Avenia (qui) dice che piangiamo perché dobbiamo venire alla luce, e mi convince abbastanza: mi sa che il prezzo per non piangere sia la morte (almeno interiore).

Che gran cosa ha fatto Dio scegliendo di farsi uomo, fra le altre cose anche per poter piangere come noi (ve lo ricordate? Lc 19,41, Gv 11,33-36). Solo chi ha pianto può dire "Non piangere" in modo credibile, ed è questo che lui fa con noi (cfr Lc 7,13).

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