J.B.Peterson, 12 regole per la vita. Un antidoto al caos ** (agosto 2018)
ME LO DICEVA SEMPRE la mamma: "Non dar retta ai consigli di vita degli sconosciuti!" (Be', non esattamente con queste parole). Avevo letto una recensione per l'uscita di questo libro (annunciato per ottobre in italiano, segnatevelo sul calendario per essere sicuri... di perdervelo) e diceva due o tre cose molto convincenti sull'autore. Qualche giorno fa ho iniziato a leggerlo e l'introduzione prometteva proprio bene, confermando le mie aspettative. A posteriori suppongo che l'articolo fosse basato proprio su queste prime pagine.
Poi ho letto la prima delle dodici regole e non riesco a decidere se sono rimasto più disturbato dalla banalità della regola o dalla lunghezza delle spiegazioni a sostegno della stessa. Ho abbandonato il libro e scritto la mia stroncatura su goodreads (puoi leggerla qui in inglese).
Qui non è del libro che voglio parlare, ma... delle aragoste. Sì, perché l'autore spiega come le strategie di conflitto tra aragoste maschio, per il controllo del territorio e per l'accoppiamento, evitano il più possibile di arrivare allo scontro violento perché ogni combattimento porterebbe all'indebolimento di entrambi i contendenti che poi dovranno fronteggiare un ambiente ostile ecc. Ve lo risparmio, penso abbiamo visto tutti abbastanza documentari per conoscere il discorso (dei cervi, dei pettirossi, dei leoni... e anche delle aragoste).
Mi ha però stuzzicato l'affermazione che queste strategie hanno garantito la sopravvivenza delle aragoste per 350 milioni di anni. Wow! Ci pensate: non sappiamo bene quando sia apparso l'uomo sulla terra, ma in ogni caso le aragoste scorrazzavano nei fondali del mare già da almeno 349 milioni di anni quando la prima di loro venne arrostita alla brace. (Ops, scusate la divagazione).
Ebbene, a questa affermazione seguono alcune pagine di esultanza per le meraviglie dell'adattamento e della selezione naturale. La natura seleziona i più adatti, le aragoste hanno imparato a farsi la guerra senza farsi troppo male e così... voilà! 350 milioni di anni di successo evolutivo. Con tutto il rispetto per l'evoluzione, gli evoluzionisti proprio non li sopporto. Perché ogni volta che si accenna a qualcosa che possa remotamente relazionarsi all'evoluzione è obbligatorio spegnere il cervello e dire qualche cretinata di questo tipo? Perché quello diceva che le aragoste, loro sì che sanno adattarsi all'ambiente. Da 350 milioni di anni. Sempre uguali. L'uomo che ne sa? Quello è arrivato ieri. Siamo ancora all'inizio del processo di adattamento. Eh già, quindi le aragoste sono immutate da 350 milioni di anni e allo stesso tempo evolvono da 350 milioni di anni?
Ma non finisce qui. Noi dobbiamo adattarci come le aragoste! Perché l'autore quello che voleva dire era semplicemente che conviene affermare la propria superiorità senza bisogno di arrivare fino al conflitto. Devi adattarti! Ma scusa, guarda che l'uomo lo fa già da quando esiste (almeno credo: sicuramente da quando lo conosco). E poi, anche se fosse, se adesso ti do ascolto e "mi adatto", che succede? Sto facendo una piccola evoluzione? Evolve la specie umana, oppure io, o tutti e due? E poi mi assicuri che se imparo le tecniche dell'aragosta sopravviverò per 350 milioni di anni? Sto scadendo nel banale, mentre l'autore era ben più creativo di me.
Sì perché dopo aver esultato sulle strategie collaudate per milioni di anni e sul funzionamento infallibile dell'evoluzione ecc. poi ci dice che l'ambiente mica rimane fisso. Eh no. L'ambiente cambia. Quindi quello che era "adatto" ieri non è più adatto oggi, e noi dobbiamo cambiare sempre... Ma come? E le strategie di milioni di anni? E chi glielo spiega all'aragosta che adesso deve cambiare tattica?
Insomma, mi sembra che sia diffusa una certa "retorica dell'evoluzionismo", che non ha molto a che vedere con lo studio scientifico di questo fenomeno e che consiste nel mescolare a casaccio le categorie evoluzioniste saltando con disinvoltura dall'individuo alla specie, da scale di milioni di anni a cicli intragenerazionali, da leggi necessarie a consigli di vita. Si scambiano categorie biologiche con quelle psicologiche e sociali. Sembra ci sia l'illusione che tutto si possa spiegare con le categorie evolutive opportune.
Capisco che questa è l'eredità di più di un secolo di dibattiti a forte polarizzazione ideologica. Ma non ne posso più di sentir dire cose senza senso, ripetute a pappagallo senza lo sforzo di capirle (o di pensarle?). Ma forse è ancora il metodo dell'aragosta (i metodi antichi sono i più sicuri): per evitare lo scontro diretto tra due ideologie, meglio rendere tutto l'argomento perfettamente confuso e contraddittorio, così sarà impossibile dire "Tu hai torto" o "Io ho ragione", perché non ci si capisce più nulla.
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