29 marzo 2008

Felice?

IERI PARLAVO in una lezione dal tema (imposto!) molto stimolante: Chiedimi se sono felice. Mi rifacevo a quello spirito inquieto che fu S. Agostino, che diceva "Ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te". Inquieto. Così inquieto che cerchiamo incessantemente qualsiasi cosa che possa calmarci la fame.

Abbiamo fame di affetto, di comprensione, di sicurezza... di tutte quelle cose buone che troviamo negli affetti veri. Intendendo, più o meno nell'ordine: genitori e figli, fratelli e famiglia, veri amici, amore "romantico" quando va bene.

Mentre facevo l'elenco delle cose belle, quelle importanti per vivere, quelle che impariamo ad apprezzare se abbiamo la fortuna di crescere in una famiglia dove ci si vuole bene, di avere veri amici, di trovare – sul serio, però – il "grande amore"... vedevo le facce di fronte a me che si illuminavano. E la sintonia con l'uditorio è pericolosa, perché ho iniziato ad espandere l'argomento, a fare esempi, ad approfondire.

Ho provato a definire una sorta di graduatoria delle cose importanti, e proponevo tre categorie: al primo posto accoglienza e comprensione; al secondo, approvazione e sostegno; al terzo, fedeltà e sicurezza. (Chissà se siete d'accordo: mi piacerebbe ricevere qualche riscontro).

Ma la lezione continuava e io dovevo ritornare alla dura realtà. Dovevo dire: sappiamo tutti che queste cose non sono facili da trovare, e che tante volte restiamo delusi. È stato come uno schiaffo: ho visto tristezza, dolore e credo anche qualche traccia di rabbia. Gli occhi mi dicevano: ma come? ci stavi facendo volare così alto e adesso ci tiri giù? Ci distruggi il castello da fiaba che tu stesso avevi costruito per noi?

La reazione mi ha fatto pensare: è così vera questa fame, che a toccare i tasti giusti a tutti si risveglia il languore. E allo stesso tempo, tutti siamo impauriti dalla paura di non farcela, di non trovare il "cibo" di cui abbiamo bisogno. Così impauriti che non vogliamo pensarci alla possibilità di fallire. Amiamo tutti le "fiabe" – anche se le diverse età e i diversi temperamenti consumano diverse forme di evasione – e siamo tutti prontissimi a dimenticare tutta l'infelicità che vediamo intorno a noi perché ci fa paura.

Un po' diverso è il discorso quando si tratta di infelicità dentro di noi, ma la storia della mia lezione non ha seguito questa piega. Ve lo racconterò in un post successivo. Resistete.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

La graduatoria delle tre categorie rispetto a cosa è stilata?
All'importanza che vi attribuiamo?
A quanto le apprezziamo?
Al potere che esercitano sulla nostra emotività?
...

Don Mario ha detto...

Be' non potevo pensarci troppo con la lezione in corso. Quindi devo ammettere che rappresenta l'ordine in cui mi sono venute in mente nel momento in cui mi sono chiesto: che cosa percepiamo come veramente importante?