Stefano, sedicenne genovese, affronta il dramma di una mamma che è andata via di casa "Per una pausa di riflessione" mentre a scuola fiorisce l'amore per una compagna. Le due vicende si incontrano e si scontrano, e come in una buona composizione musicale, a volte si sviluppano in armonia (tutte e due su o tutte e due giù), altre volte dissonano e si oppongono. Tutto nella testa e nel cuore del povero Stefano.
Di questa opera prima mi è piaciuto l'equilibrio. Una scrittura sobria che con moderazione si apre alla poesia, sentimenti forti che non sconfinano nell'incredibile, alti e bassi che fanno di Stefano un adolescente credibile, non un decerebrato con tendenze alla schizofrenia (lo ammetto, sono un po' critico verso certi adolescenti letterari). Molti hanno detto che si legge tutto d'un fiato (io non l'ho potuto fare, ma il desiderio viene davvero): probabilmente è merito dell'ottima articolazione della trama che si intreccia agile e brillante fino alla piena soddisfazione dell'epilogo.
L'autore divide la storia in tre parti, infanzia adolescenza maturità, e mi sembra colga bene ciò che le distingue. Il bambino dice "La mamma ha detto che tornerà, quindi spero che lo faccia presto"; l'adolescente si ribella e dice "La mamma è cattiva ed egoista", ma poi si accorge, come tutti gli adolescenti, che nemmeno il papà è a posto, e nemmeno il suo migliore amico, nemmeno la sua migliore amica, nemmeno l'istruttore di sci (suo modello di vita)... nemmeno sé stesso.
E a questo punto, davanti alla possibilità di una risposta nichilista (il mondo fa schifo, cerchiamo di non farci illusioni e godercela come meglio possiamo) arriva la svolta della maturità: non tutto fa schifo, ognuno ha le sue responsabilità e io voglio affrontare le mie.
E così scopre che non si può vivere senza farsi carico degli altri: non siamo monadi che possono muoversi nel mondo senza reali relazioni che ci vincolano agli altri. Abbiamo una storia, e delle radici con cui dobbiamo fare i conti: sulla pelle portiamo scritto il nome dei nostri genitori.
Non ho dubbi: il miglior romanzo del genere che ho letto finora. Spero che Pietro Vaghi ci regali presto altre opere di questo livello.
Una sola carne.
Quella carne sono io.
Il vostro nome è scritto sulla mia pelle, inciso nella carne di cui sono fatto. È un tatuaggio che non voglio cancellare, anche se fa male.
1 commento:
Buona analisi!
pienamente d'accordo.
Alex
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