Chiedo scusa a chi legge abitualmente queste note: già da un po' le sto trascurando. Temo che sarà così ancora per qualche tempo, perché mi trovo assorbito da altro. Intanto, per tenere vivo il blog, trascrivo un pensiero di Eric-Emmanuel Schmitt, per il quale ringrazio Alberto.
«CREDO CHE ci sia bisogno di molta padronanza e di molto abbandono per osare la semplicità. Si deve rinunciare a stupire gli imbecilli, i pedanti, gli acculturati, tutti quei personaggi che si sentono giudici e che riescono a riconoscere un talento solo se è carico di complesse sofisticazioni, che identificano l'intelligenza solo se non capiscono qualcosa, e nella noia inconfessabile che provano individuano il genio. Rivendicandosi colta, sottolineando a ogni istante le sue origini e le sue ambizioni culturali, l'arte pretenziosa guadagna facilmente il favore di cervelli che si credono seri. Invece colui che avanza seminudo, armato solo della propria grazia e di un sorriso, rischia di incorrere nel disprezzo dei censori.
Ci vuole una dose maggiore di lavoro e di modestia per ottenere un'arte che sia chiara, evidente.»
(La mia storia con Mozart, p. 89).
Rileggete la citazione mettendo personalità al posto di arte e la cosa diventa ancora più interessante. Che c'entra l'immagine? C'entra, c'entra...
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