23 settembre 2010

La caduta di Bisanzio

Alessandro Rivali, La caduta di Bisanzio (9/10) ****

Non sono un lettore di poesia, solo qualche incursione ogni tanto. Ricordo però alcuni anni fa che mi trovai in un salottino ad aspettare che terminasse un'attività e sul tavolino c'era La Riviera del sangue. Ovviamente di Alessandro Rivali: ero in casa sua! Ne lessi alcune pagine e mi affascinò il senso del passato. Noi passeggiamo su una spiaggia e ammiriamo il paesaggio, o il profumo, o la brezza; Alessandro no, lui ascolta le voci del passato. Per lui la Riviera ligure è principalmente il luogo dove ha combattuto suo nonno; gronda di sangue, di azione, di sentimenti forti.

Così, quando ho visto il titolo del suo nuovo libro, ho immaginato cosa dovesse aspettarmi e l'ho comprato subito. La sensazione è di vertigine: molti versi non li comprendo, ma ogni tanto un lampo squarcia la prospettiva. E questo libro è popolato di profeti, di storia, di civiltà che nascono ma, soprattutto, muoiono; prove generali della Gerusalemme Celeste che dovrà venire.
«Passato e presente si penetravano
seguendo il pendolo delle capitali,
un pegno della nuova Gerusalemme,
la città senza bruciature o buio,
che brillava sulle mura di diaspro
»
A volte mi sono chiesto, leggendo i grandi profeti, "Che cosa avrà visto?" Un Isaia, che descrive la Passione come se fosse stato lì; un Ezechiele; un San Giovanni...
Forse è questo che ha in mente l'autore, perché i riferimenti ai profeti sono frequenti:
«Sono rossi gli occhi dei mistici.
Metti la lingua nella loro brace:
muoverai le sorgenti dei secoli
»
ricorda tanto la vocazione di Isaia, quando l'angelo gli tocca la lingua con la brace presa dall'altare di Dio, perché possa parlare in suo nome.
E il profeta guarda, e vede immagini che non vorremmo mai vedere, e che non possiamo dimenticare.
«Ricorda
i dadi sul sesso del nascituro
e le spade che scucivano i ventri
»
Visioni di un marito che cerca una sepoltura degna per la moglie morta di peste, rivestita dell'abito nuziale.
«Aveva scelto il sudario ricamato,
che richiamava il primo giorno,
nel sogno d'una storia circolare.

Il bianco esorcizzava gli spettri,
colore di vesti consacrate,
riparo alle unghie dei cani
»
Il tutto si conclude con la contemplazione dei tempi ultimi, «gioia di rivedere la sposa, / collirio sulla polvere degli occhi».

Lo rileggerò.

4 commenti:

sghicio ha detto...

it's good! Wow! I think I'll read it!
Tank you!

Don Mario ha detto...

@sghicio
Mi dispiace di informarti che dovrai leggerlo in italiano (eh! eh!). Chissà se al tuo ritorno dall'Irlanda te lo ricorderai ancora o se dovremo parlarti in airisc. In ogni caso pronto ad accompagnarti per un Irish coffee tutte le volte che avrai nostalgia.

E poi... dai del "carrarmato" (tank) a me che sono tanto gracilino? (altro eh! eh!)

Sghicio ha detto...

Sorry, thank! Avevo saltato un carattere con la fretta!
a presto!
ben venga per un Caffe', ma guardi...meglio una birra, qui il caffe' non lo sanno fare!

L'italiano e' la lingua piu' bella al mondo...lo leggo in italiano, certo che si!

Don Mario ha detto...

@sghicio
Don't worry! era evidentemente un errore "digitale" (cioè del dito che ha fallito sul tasto).

Sei sicuro di aver provato l'irish coffee? Non il caffè che possono fare in Irlanda, ma proprio l'irish coffee. Se non lo hai già fatto, entra in un pub e ordinane uno, poi mi dirai se davvero pensi che gli irlandesi non sanno fare il caffè.

See you soon.